Sostenibilità

Una strategia per la difesa della biodiversità

Cosa può fare la filiera della moda.

La biodiversità negli ecosistemi naturali si sta riducendo a un ritmo senza precedenti nella storia umana. Questo degrado colpisce la società nel suo insieme, comprese le imprese dell’industria della moda che dipendono crucialmente dalla disponibilità di materie prime naturali: lana, cotone, cashmere, lino, fibre cellulosiche provenienti dagli alberi delle foreste e mette a rischio le catene di approvvigionamento globali. La salvaguardia della biodiversità è quindi un interesse prioritario della stessa industria della moda.

 

Cosa possono fare le imprese della filiera della moda per fermare il degrado o, ancora meglio, rigenereare quanto si è perduto?

 

La IFC (International Finance Corporation), il braccio operativo della Banca Mondiale che finanzia gli investimenti privati nei Paesi in via di sviluppo, ha messo a punto un quadro di riferimento in 4 fasi per le azioni finalizzate a mitigare gli impatti aziendali sulla biodiversità a cui si sono ispirate negli ultimi anni le strategie di alcuni grandi marchi della moda che cominciano a influenzare tutta la filiera . Le 4 fasi sono: 

 

Evitare: L'azienda può evitare di contribuire alla perdita di biodiversità scegliendo materiali che non hanno impatti negativi su aree a rischio o importanti per la conservazione della biodiversità. Un esempio è la scelta di utilizzare solo fibre cellulosiche certificate (FSC o PEFC) o conformi ai criteri Canopy Style provenienti da foreste gestite responsabilmente per evitare che provengano da foreste secolari, minacciate da deforestazione o in cui siano minacciate le comunità indigene. Un altro esempio è l’uso di fibre riciclate che evita l’impatto negativo sulla biodiverstà di nuove coltivazioni o allevamenti.

 

Minimizzare: Laddove non sia possibile evitare l’impatto, l'azienda può scegliere materiali e processi di produzione che lo minimizzano grazie all’applicazione di nuove tecnologie o metodi di coltivazione e allevamento, il contenimento delle monocolture, la riduzione delle superfici delle terre coltivate e del rilascio di sostanze potenzialmente inquinanti da parte degli allevamenti. Esempi sono la scelta di cotoni coltivati con ridotto uso di pesticidi e acqua come il Better Cotton, di cotone coltivato con metodi biologici, di lana e fibre animali da allevamenti gestiti responsabilmente, o che adottano pratiche di controllo dei predatori che non mettono a rischio la sopravvivenza delle specie.

 

Rigenerare: Questa fase prevede che l’impatto delle imprese sia positivo invece che negativo, andando oltre la riduzione degli impatti negativi per ripristinare e rigenerare gli ecosistemi coinvolti nella propria catena di fornitura che hanno subito perdite di biodiversità. Lo strumento principale è l’adozione delle tecniche di agricoltura rigenerativa, che si concentrano sul miglioramento della qualità e vitalità del suolo agricolo e del ciclo dell'acqua, sull'aumento della biodiversità, sul sequestro e stoccaggio biologico della CO2 e l'aumento della resilienza ai cambiamenti climatici. Le imprese della moda possono promuovere soluzioni rigenerative in progetti realizzati in collaborazione con scienziati agricoli, botanici e silvicoltori e basati su solidi principi scientifici. Esempi di marchi che hanno intrapreso questa strada sono Gucci, Patagonia, Timberland, Vans e The North Face.

 

Compensare e promuovere una trasformazione sistemica: Infine le imprese della moda possono andare oltre la mitigazione degli impatti e la rigenerazione delle rispettive catene di fornitura per impegnarsi in progetti che abbiano un impatto positivo sistemico e trasformino stabilmente il rapporto tra la natura e la filiera produttiva delle moda. Questo stadio richiede di lavorare a progetti colletivi in cui le imprese della moda collaborano su progetti di grande scala, che in genere non sono legati a specifiche filiere produttive. Gli ambiti privilegiati per azioni che ricadono in questa fase sono iniziative di organismi internazionali come le Nazioni Unite o iniziative settoriali di alleanza e progetti comuni tra le aziende. Esempi sono il Fashion Pact che ha la difesa delle Biodiversità tra i suoi obiettivi primari o la California Cotton & Climate Coalition (C4) che connette i marchi della moda con produttori di cotone coinvolti in progetti di agricoltura rigenerativa.