Sostenibilità

L’economia circolare nella moda

Obiettivi, impegni e richieste dei marchi

Il termine “circular fashion” è entrato per la prima volta nel linguaggio della moda nel 2014, coniato in Svezia come “cirkulärt mode”, ma è rimasto per lungo tempo confinato nelle discussioni accademiche e nelle campagne ambientaliste concretizzandosi al più in iniziative pionieristiche di piccoli marchi e startup, tanto che all’inizio del 2022 la giornalista Rachel Cernansky su Vogue Business lo ha definito un “concetto elusivo”, di cui si parla molto ma di cui si sono viste nel passato poche applicazioni pratiche. Tra i temi “caldi” della sostenibilità nella moda quello dei modelli di produzione circolare per un più efficiente utilizzo delle materie prime e la valorizzazione dei rifiuti come nuove materie prime in sostituzione di quelle vergini, resta tra quelli meno esplorati e su cui c’è ancora molto da imparare e fare.

 

C’è però oggi un nuovo attivismo, l’idea di moda circolare è entrato ormai stabilmente nell’interesse dei consumatori e nel radar dei marchi della moda, tanto che nel rapporto “The state of Fashion 2022” di McKinsey e Business of Fashion, è identificato come uno dei temi dominanti nella conversazione sulla moda nel 2022. 

 

I progressi realizzati negli ultimi anni dai principali marchi, che la pandemia COVID non ha rallentato, ma ha anzi accelerato, hanno riguardato soprattutto l’utilizzo di materiali da riciclo (qui un approfondimento). 

 

Nell’ambito del design per la circolarità l’attivismo dei marchi ha riguardato soprattutto la formazione dei designer e degli uffici stile a nuovi modelli di progettazione e allo sviluppo di collezioni limitate. Riguardo ai modelli di progettazione per la circolarità, sono molti i marchi che dichiarano di aver realizzato progetti formativi sui principi della circolarità per i propri uffici stile, tra questi ad esempio: Adidas, Dechatlon, Ecoalf, Esprit, Filippa K, Gap, Guess, H&M, Hugo Boss, Inditex, Il gruppo Kering, Lacoste, Lindex, Marks&Spencer, Nike, OVS, il gruppo PVH (Calvin Klein, Tommy Hilfiger) e VF Corp (North Face, Vans, Timberland, Napapijri, Eastpack). Formare i designer è un passo fondamentale, una sfida e una necessaria “semina di idee” senza la quale è difficile immaginare lo sviluppo di collezioni che rendano meno elusivo e più concreto il concetto di moda circolare.

 

Dello sviluppo di modelli di business basati sul second-hand (qui un approfondimento) e nell’ambito della gestione e riciclo degli abiti a fine vita, siamo ancora a livello di impegni per il futuro che tuttavia, almeno in Europa già a partire dal 2023, dovranno essere tradotti in azioni concrete con l’attuazione della direttiva sulla Responsabilità Estesa del Produttore e l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili post-consumo.

 

Dopo l’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose per l’ambiente e la salute, dopo gli impegni e i progressi in materia di riduzione delle emissioni di gas serra per combattere i cambiamenti climatici, dopo il dibattito acceso sull’impatto ambientale dei materiali tessili, si è ormai aperto un nuovo importante fronte che coinvolge non solo i marchi ma tutta la filiera di produzione. Le parole d’ordine fondamentali sono aumento dell’uso di materiali da riciclo, progettazione dei capi orientata alla circolarità, riduzione degli scarti di produzione, responsabilità dei produttori per la gestione dei rifiuti tessili post-consumo.