Sostenibilità

End of Waste tessile

Una norma necessaria all’economia circolare
Glossario della Sostenibilità - MU Sustainable Innovation

Riciclo ed economia circolare sono diventate parole chiave anche nel mercato del tessile e della moda. Il cambio di paradigma a favore di una moda più sostenibile, dopo aver rivoluzionato nell’ultimo quinquennio l’uso della chimica, sta ora spingendo verso una maggiore attenzione all’efficienza nell’uso dei materiali, minimizzando gli sprechi rappresentati da scarti di produzione e mancato riciclo o riuso dei materiali che si generano post-consumo, alla fine della vita utile dei capi di abbigliamento.

 

Una stima della Ellen McArthur Foundation quantifica in oltre 100 miliardi di Euro il valore dei soli scarti tessili industriali, che in tutto il mondo annualmente non vengono recuperati con operazioni di riciclo, ma semplicemente inceneriti o avviati a discarica. Oggi il sistema va sempre più verso un’economia circolare: un modello economico in grado di potersi rigenerare da solo, partendo dalle materie prime fino ad arrivare al riuso dei materiali di scarto.

 

Per le imprese che entrano nella filiera del riciclo, dalle aziende tessili che conferiscono gli scarti a quelle che li raccolgono, selezionano e trasformano, il riciclo o riuso di un bene giunto a fine vita richiedono procedure che frequentemente si scontrano con le difficoltà interpretative delle leggi.  Spesso vengono imposte procedure complesse per il trasporto e trattamento dei rifiuti, in particolare di quelli cosiddetti “speciali”, in cui rientrano quelli prodotti dalla manifattura.

 

Le difficoltà partono fin dalla definizione di un prodotto di scarto come rifiuto o sottoprodotto. Questa distinzione è molto importante, le procedure di trasformazione affinché un rifiuto possa raggiungere le caratteristiche che gli consentano di diventare EoW (End of Waste, cioè non più rifiuto ma bene riutilizzabile) sono molto rigide, mentre risultano molto più semplici quelle per il sottoprodotto, che può essere utilizzato senza dover essere trasformato.

 

In Italia, maggior produttore di moda in Europa e secondo esportatore mondiale,  si producono grandi quantità di rifiuti tessili industriali ogni anno. Il riciclaggio degli stessi raggiunge percentuali non ancora soddisfacenti, seppur più elevate che negli altri paesi europei.

 

La materia delle norme sui rifiuti ha una lunga e complessa storia, che anche recentemente procede in direzioni contraddittorie e non omogenee nei vari Paesi. Un passo in avanti importante è stato definito con la Direttiva approvata dal Parlamento Europeo nel maggio 2018, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti.

 

La Direttiva Comunitaria prevede che vengano stabiliti appositi criteri, che prodotti e materiali originati da operazioni di recupero devono essere soddisfare affinché non rientrino più nella definizione di rifiuto. La Direttiva indica specificamente che i criteri comunitari devono riguardare i rifiuti tessili (art. 6, comma 2 della direttiva). 

 

Per l’Italia sono in preparazione i criteri per metalli e rifiuti in carta, ma per quanto riguarda il tessile si è ancora in una fase embrionale. I primi contatti tra le strutture del Ministero dell’Ambiente e le associazioni che dovrebbero costituire il tavolo di lavoro hanno cominciato ad essere presi poco prima dell’estate 2019, su iniziativa delle associazioni delle imprese toscane.

 

Affrontare il tema e dare certezze normative è un passo fondamentale, senza il quale diventa molto difficile per le imprese della filiera tessile muovere con forza nel perseguimento dei principi dell’economia circolare, valorizzando gli scarti e dando valore agli enormi volumi di materiali che oggi vengono sprecati come rifiuti.