Media

Sintesi Nota Economica febbraio 2022

Sintesi Nota economica tessitura italiana 2021

 

LA TESSITURA MADE IN ITALY, SECONDO LE STIME ELABORATE DAL CENTRO STUDI DI CONFINDUSTRIA MODA PER MILANO UNICA ARCHIVIEREBBE IL 2021 CON UN FATTURATO COMPLESSIVO DI POCO PIÙ DI 5,8 MILIARDI DI EURO (+9,6% SULL’ANNO PRECEDENTE). CHE RIMANE, TUTTAVIA, AL DI SOTTO DEI LIVELLI PRE-PANDEMIA. SULL’ANDAMENTO DEL COMPARTO, INOLTRE, NELLA SECONDA METÀ DEL 2021, HANNO SIGNIFICATIVAMENTE INFLUITO I RINCARI E LE DIFFICOLTÀ NEL REPERIMENTO DI MATERIE PRIME E SEMILAVORATI, NONCHÉ L’IMPENNATA DEI PREZZI ENERGETICI. LA BILANCIA COMMERCIALE DELLA TESSITURA REGISTRA, NONOSTANTE CIÒ, UN ATTIVO DI 1.740 MILIONI DI EURO. CINA-HONG KONG, CON UN TOTALE DI CIRCA 244 MILIONI DI EURO DI TESSUTI ESPORTATI DALL’ITALIA, SI CONFERMANO IL NOSTRO PRIMO MERCATO DI SBOCCO DAVANTI ALLA FRANCIA.  

 

Secondo le stime elaborate dal Centro Studi di Confindustria Moda, il bilancio 2021 della tessitura made in Italy (comprensiva di tessitura laniera, cotoniera, liniera, serica e a maglia) registra un  risultato complessivamente positivo rispetto al 2020. La tessitura made in Italy è, infatti, attesa archiviare il 2021 con un fatturato complessivo di poco più di 5,8 miliardi di euro (+9,6% sull’anno precedente). Il recupero rispetto al pre-pandemia è stato però solo parziale: il fatturato settoriale risulta, infatti, inferiore del -23% a confronto con il livello raggiunto nel 2019.        

Oltre alle incertezze di mercato, nella seconda metà del 2021 si sono aggiunti rincari e difficoltà nel reperimento di materie prime e semilavorati, nonché l’impennata dei prezzi energetici, fattori tutti che hanno condizionato l’operatività delle aziende e di molti dei comparti presi in considerazione. 

La tessitura, che concorre all’11,1% del fatturato generato dall’insieme della settore Tessile-Moda, fa registrare un surplus, a ogni modo, pari al 13,5% circa del positivo saldo commerciale complessivo dell’intera filiera.  

In relazione all’occupazione, anche nel 2021 le aziende tessili hanno fatto ampio ricorso alla cassa Covid-19. Non sono mancate tuttavia riduzioni della forza lavoro. 

I diversi comparti della tessitura sono stati tutti interessati da un positivo cambio di passo nell’anno appena concluso, seppur con andamenti anche molto differenziati rispetto al 2020. Le maggiori difficoltà nella ripartenza si sono riscontrate nella tessitura laniera, sia pettinata che cardata, e nella tessitura serica. Di contro, tessitura a maglia e tessitura liniera hanno registrato dinamiche molto favorevoli, tant’è che entrambe sono attese superare i livelli del 2019.

Guardando agli scambi con l’estero di tessuti “da” e “verso” l’Italia, nel 2021 si rileva un’inversione di tendenza rispetto ai gravi risultati archiviati nel 2020: l’export dovrebbe sperimentare nei dodici mesi una dinamica pari al +11,2%, l’import pari al +14,7%. Il complesso delle vendite estere passerebbe a quasi 3.350 milioni di euro (guadagnando circa 340 milioni rispetto al 2020, ma risultando ancora in calo di circa 770 milioni di euro rispetto al 2019), mentre le importazioni si porterebbero a 1.600 milioni circa. 

A fronte del suddetto andamento del commercio con l’estero, l’attivo commerciale di comparto registrerebbe un aumento di quasi 130 milioni di euro rispetto al 2020, portandosi sui 1.740 milioni. 

 

Il commercio con l’estero nei primi dieci mesi del 2021

 

Focalizzando l’analisi sugli scambi con l’estero, si rileva che da gennaio ad ottobre 2021 le vendite oltreconfine, dopo il calo del -28,5% archiviato nei primi 10 mesi del 2020, segnano una crescita del +13,3%.      

L’export di periodo si porta, pertanto, a circa 2.340 milioni di euro, guadagnando circa 274 milioni di euro degli 800 persi lo scorso anno. A confronto con il medesimo periodo del 2019, l’export della tessitura presenta un gap del -19% ovvero di 550 milioni di euro in termini assoluti. Contestualmente anche l’import dall’estero sperimenta un ritorno in area positiva nella misura del +19,6%.  

Nel gennaio-ottobre 2021 la Francia risulta essere il primo mercato di sbocco: grazie ad un aumento del +15,3%, copre l’8,3% del totale esportato. La Germania, secondo mercato, resta, invece, interessata da una flessione delle vendite, nella misura del -6,5%. Al terzo posto sale la Cina: cresciuta del +37,6% nel periodo in esame, copre il 7,1% non lontana dai valori della Germania. Hong Kong, nonostante l’incremento del +29,6%, resta in undicesima posizione. L’area Cina-Hong Kong, con un totale di circa 244 milioni di euro di tessuti esportati dall’Italia, tuttavia si conferma come il primo mercato per la tessitura davanti alla Francia.  Considerando la penisola iberica, le vendite dirette in Spagna e Portogallo registrano rispettivamente una variazione del +42,8% e del +22,2%. Guardando sempre ai top market, le esportazioni verso Tunisia e Turchia mostrano un aumento rispettivamente del +8,9% e del +14,2%. Gli USA, invece, vedono un incremento del +36,7%. 

Passando all’analisi dei mercati di origine dei tessuti importati in Italia, caratterizzati da un’elevata concentrazione dal punto di vista geografico nell’universo extra-UE (71,3%), si conferma il ruolo dei primi due supplier ovvero Turchia e Cina. La prima, con un’incidenza del 25,8% sul totale importato di comparto, presenta una crescita del +41,8% nel gennaio-ottobre 2021; la Cina, scesa - dopo oltre un decennio - in seconda posizione a quota 22%, vede un incremento del +9,5%. 

Con riferimento agli altri partner minori, tutti con quote uguali/inferiori all’8,0%, si rilevano prevalentemente dinamiche positive: l’import dal Pakistan sale del +12,6%, dalla Germania del +20,1%, dall’Ungheria del +16,2%, dalla Spagna del +28,0%. Si muove in controtendenza la Repubblica Ceca, flettendo del -25,6%.  

 

I mercati esteri prima della pandemia

 

Al di là della valutazione su come hanno performato rispetto al 2020 i principali mercati della tessitura italiana, risulta altresì interessante il confronto con i livelli pre-pandemici. Del resto, se alcuni dei suddetti Paesi mostrano di aver ripianato il contraccolpo conseguente all’emergenza sanitaria, molti non hanno ancora recuperato del tutto il divario. Più in particolare, se si circoscrive l’analisi alle prime dieci destinazioni, solo la Spagna presenta un aumento del +15,0% rispetto all’export del gennaio-ottobre 2019. La stessa Cina risulta negativa, anche se contiene la perdita al -7,0%; similmente la Francia registra un gap del -10%. L’export verso gli USA presenta un livello inferiore del -18,0% rispetto a quello pre-pandemico. Maggior preoccupazione destano gli altri mercati, al di sotto su percentuali comprese tra il -28,5% (dato di Hong Kong) e il -20,8% (come rilevato per Tunisia, Turchia e Bulgaria, pur con differenti valori assoluti).             

 

Dati elaborati dal Centro Studi Confindustria Moda 

 

Scarica il comunicato stampa